“Stiamo lavorando con il Ministero affinché si possano prevedere dei bonus per tutte le famiglie fino all’età dell’obbligo, con maggiore attenzione alle meno abbienti. Ribadiamo la nostra contrarietà agli sgravi fiscali, trattandosi di un meccanismo di difficile attuazione e che non favorirebbe chi più necessita di un aiuto”. Così Cristina Giussani, Presidente del SIL, Sindacato Librai Confesercenti, sul caro libri di testo che sta infiammando il dibattito sui costi alle famiglie per il corredo scolastico. Ma per il SIL la strada verso un “rientro a scuola” economicamente meno gravoso passa necessariamente dall’individuazione di un corretto mix tra le esigenze del corpo docente, il processo produttivo dei libri (il cui prezzo è un calcolo industriale) e il corretto equilibrio della filiera. “Ho sentito tra le varie opinioni sul tema in questi giorni – sottolinea la Presidente del SIL – attaccare la Legge 15/2020 e ritengo che sul tema vada fatta chiarezza. Va detto che sconti sulla scolastica superiori al 15% sono illegali e lo erano anche prima del 2020. Inoltre, ricordo che grazie alla Legge sul Libro durante e dopo il Covid molte librerie di varia e scolastica sono riuscite a restare aperte o a riaprire. Quindi trovare in essa un capro espiatorio mi sembra davvero inopportuno”. “Infine, – conclude Giussani – voglio ribadire come a beneficiare di questi aumenti non siano i librai che anzi vedono costantemente ridursi i margini di guadagno, passati dal 15% lordo di due tre anni fa al 10%/12% lordo di oggi (ecco il motivo del tetto massimo di sconto al pubblico). Questo potrebbe portare molti esercizi rinunciare alla vendita dei libri di testo, privando le famiglie di un servizio essenziale, perché nelle librerie si ottiene un vero e proprio servizio che non si limita alla vendita del bene. Cosa che, per ovvi motivi logistici, non avviene con le piattaforme on line e con la Gdo. Il mio invito è quello di lavorare, con tutta la filiera, a soluzioni che tutelino autori, editori e rivenditori, ma soprattutto le famiglie, in particolar modo quelle più bisognose”.

“Stiamo lavorando con il Ministero affinché si possano prevedere dei bonus per tutte le famiglie fino all’età dell’obbligo, con maggiore attenzione alle meno abbienti. Ribadiamo la nostra contrarietà agli sgravi fiscali, trattandosi di un meccanismo di difficile attuazione e che non favorirebbe chi più necessita di un aiuto”.  Così Cristina Giussani, Presidente del SIL, Sindacato Librai Confesercenti, sul caro libri di testo che sta infiammando il dibattito sui costi alle famiglie per il corredo scolastico.  Ma per il SIL la strada verso un “rientro a scuola” economicamente meno gravoso passa necessariamente dall’individuazione di un corretto mix tra le esigenze del corpo docente, il processo produttivo dei libri (il cui prezzo è un calcolo industriale) e il corretto equilibrio della filiera.  “Ho sentito tra le varie opinioni sul tema in questi giorni – sottolinea la Presidente del SIL – attaccare la Legge 15/2020 e ritengo che sul tema vada fatta chiarezza. Va detto che sconti sulla scolastica superiori al 15% sono illegali e lo erano anche prima del 2020. Inoltre, ricordo che grazie alla Legge sul Libro durante e dopo il Covid molte librerie di varia e scolastica sono riuscite a restare aperte o a riaprire. Quindi trovare in essa un capro espiatorio mi sembra davvero inopportuno”.  “Infine, – conclude Giussani – voglio ribadire come a beneficiare di questi aumenti non siano i librai che anzi vedono costantemente ridursi i margini di guadagno, passati dal 15% lordo di due tre anni fa al 10%/12% lordo di oggi (ecco il motivo del tetto massimo di sconto al pubblico). Questo potrebbe portare molti esercizi rinunciare alla vendita dei libri di testo, privando le famiglie di un servizio essenziale, perché nelle librerie si ottiene un vero e proprio servizio che non si limita alla vendita del bene. Cosa che, per ovvi motivi logistici, non avviene con le piattaforme on line e con la Gdo. Il mio invito è quello di lavorare, con tutta la filiera, a soluzioni che tutelino autori, editori e rivenditori, ma soprattutto le famiglie, in particolar modo quelle più bisognose”.

L’aumento dei tassi di interesse rischia di trasformarsi in un vero e proprio shock per i bilanci di imprese e famiglie, che potrebbero trovarsi a pagare maggiori interessi per 5,4 miliardi nel 2023 e per 9 miliardi nel 2024, per un dato cumulato di quasi 14,4 miliardi in 2 anni, che arriva fino ad oltre 20 miliardi se si considerano anche i maggiori oneri sui mutui per abitazione a tasso variabile.

A stimarlo è CER per Confesercenti.

I tassi attivi delle banche hanno mostrato una elevata reattività nel momento in cui la BCE ha modificato l’impostazione della politica monetaria, seguendo rapidamente la risalita dei tassi di policy. In questo modo le banche hanno potuto ampliare lo spread tra tassi attivi e passivi e far crescere il margine di interesse, divenuto negli ultimi 18 mesi la fonte principale di incremento della redditività del sistema bancario. Al contrario, i tassi sulla raccolta, soprattutto quelli sui depositi, continuano a mostrare una maggior lentezza nel risalire dai minimi storici.

L’aggravio generato dagli aumenti ha un impatto rilevante sui finanziamenti delle imprese. Entro il 2024 andranno a scadenza 185 miliardi ci prestiti, che potranno essere rinnovati solo a tassi superiori a quelli dell’originaria sottoscrizione. Ne deriverà un maggiore onere di 4,2 miliardi nel 2023 e di 7 miliardi nel 2024.

Scenario più difficile anche per i consumatori. Entro il 2024 andranno a scadenza circa 60 miliardi di crediti delle famiglie, il cui rinnovo comporterà un maggiore esborso complessivo per interessi pari a 3,2 miliardi in due anni, circa 300 euro per nucleo familiare coinvolto. A questa stangata si aggiunge quella generata dall’aumento dei tassi di interesse sui mutui: lo stock di prestiti per acquisto abitazione a fine 2022 era pari a 427 miliardi, di cui 158 miliardi circa – il 37% – a tasso variabile che, con questo andamento dei tassi, costeranno 6 miliardi in più in un anno.

“Il caro interessi – commenta Confesercenti – rischia di innescare una decisa frenata alla già precaria situazione dell’andamento dei consumi interni e degli investimenti delle imprese. In questo scenario, la riforma fiscale annunciata dovrebbe trovare un’immediata modalità di attuazione, per compensare gli aggravi e liberare le risorse di famiglie e imprese, a partire dalla detassazione degli aumenti salariali disposti dalla contrattazione collettiva e delle tredicesime: una minore pressione fiscale sul lavoro è la condizione necessaria per ridare fiato alla ripresa dei consumi, in una fase di preoccupante rallentamento”.

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