Dal primo gennaio la città ha perso 61 attività commerciali. 108 chiusure di fronte a 47 nuove attività
L’Osservatorio Confesercenti ha effettuato la fotografia dello stato di salute del commercio durante i primi quattro mesi dell’anno. L’analisi indica che, nonostante Pil sia tornato a crescere, tra gennaio ed aprile 2015 il commercio non ha ancora intercettato l’inversione di tendenza. Tutt’altro. Il focus infatti evidenzia che in provincia di Arezzo hanno abbassato la saracinesca 108 negozi. Le cessazioni di attività hanno infatti riguardato 10 attività alimentari e 98 non alimentari. Allo stesso tempo sono state 47 le iscrizioni. 4 nel settore alimentari e 43 nel non alimentari. Un saldo negativo che significa la perdita di ben 61 attività commerciali. “Se consideriamo – dice il direttore di Confesercenti Mario Checcaglini – che mediamente un negozio impiega 3 addetti, sono quasi 200 le persone che hanno perso il loro posto di lavoro. È come se avesse chiuso una grande azienda”. Un dato quindi preoccupante che suona come un ulteriore campanellino di allarme e che fissa un’ulteriore perdita del -1,7%. Un dato percentuale che è in perfetta linea con l’andamento nazionale ma che non per questo tranquillizza. Anche la Toscana secondo l’osservatorio di Confesercenti ha fissato la variazione percentuale negativa sul – 1,7% anche se ci sono province dove la situazione è peggiore rispetto ad Arezzo (come per esempio Pisa e Pistoia -2,4%, Siena -2,2%, Prato -1,9% e Livorno -1,8%). Lievemente migliore la situazione per bar e ristoranti. “Il saldo è comunque negativo – puntualizza Checcaglini – e i dati sono relativi al trimestre, gennaio-marzo. I primi tre mesi del 2015 la provincia ha perso 17 ristoranti (-1,4%) e 7 bar (-0,8%)”.
A livello nazionale il totale dei negozi che hanno abbassato la saracinesca è di circa 162 attività al giorno, per un totale di 19.550 negozi chiusi. Le nuove aperture sono state invece 8.896, per un saldo finale negativo di 10.654 imprese. È alla luce di questi dati che Mario Checcaglini questa mattina ha voluto commentare l’andamento economico dei primi quattro mesi. “Purtroppo la tanto auspicata ripresa, sembra rimandare ancora una volta l’appuntamento. A quando? Probabilmente è presto per dirlo. Nessuno ha la sfera magica. Di sicuro mancano i soldi in tasca alle famiglie, la tassazione per le imprese e per le famiglie è ancora troppo alta, l’incertezza dell’occupazione e la paura di perdere lavoro è alle stelle, mentre la propensione agli acquisti scende vertiginosamente di giorno in giorno”.
“Confesercenti – continua il direttore Checcaglini- assieme a Swg ha presentano proprio in queste ore il Sef, ovvero l’indice di solidità economica delle famiglie italiane. A maggio l’indice si stabilizza verso l’alto, ma metà del Paese ancora non vede la ripresa: il 56% delle famiglie dichiara una situazione finanziaria insoddisfacente, per il 14% il reddito non basta nemmeno per le spese indispensabili. Rimane alta poi la preoccupazione per il lavoro: 6 nuclei su 10 – il 64% – temono che un familiare possa perdere il posto. Inoltre pesa la situazione di incertezza da parte delle famiglie italiane: il 71% degli intervistati vede una situazione stabile o in peggioramento. Di questi, un cospicuo 41% risponde che sostanzialmente i consumi resteranno uguali, e un altro 30% li vede in calo. Solo il restante 24% del campione esprime, invece, un segnale di fiducia prevedendo un aumento della spesa dedicata ai consumi nei prossimi mesi”. Ecco per Confesercenti i motivi della crisi.
“Non sono solo i consumi a pesare sul commercio – commenta il presidente dell’area aretina di Confersercenti Mario Landini – ma anche gli investimenti in ragione della carenza creditizia. Anche se le previsioni migliori indicano un aumento dei consumi per il 2015 dello 0,8%, siamo convinti che non sia sufficiente a far riprendere la dinamica di crescita e sviluppo delle imprese necessaria per raggiungere saldi positivi sia in termini di consumi che di sviluppo. Per frenare le chiusure delle pmi è importante diminuire la pressione fiscale e contenere i costi delle tariffe”. “Ai candidati a sindaco di Arezzo – conclude Checcaglini – abbiamo chiesto di ridurre i costi che gravano sulle aziende, sul commercio e i negozi di artigianato. Realtà, tra l’altro preziose per il tessuto urbano, sentinelle per la sicurezza di interi quartieri, frazioni e del centro storico”.
Arezzo, 21 maggio 2015