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Vendite: Confesercenti, inflazione assottiglia i consumi, piccole imprese le più penalizzate. Neanche i saldi estivi danno una spinta: vendite sotto lo scorso anno per un negozio su due

Vendite: Confesercenti, inflazione assottiglia i consumi, piccole imprese le più penalizzate. Neanche i saldi estivi danno una spinta: vendite sotto lo scorso anno per un negozio su due

L’inflazione assottiglia i consumi, e il carovita continua ad incidere sulle imprese del commercio e sulla spesa delle famiglie. Che, come conferma l’Istat, continuano a spendere di più per acquistare di meno: a luglio le vendite al dettaglio aumentano del 2,7%…
Nei primi sei mesi dell’anno crollano le nascite di imprese del commercio, una sola apertura ogni due chiusure  La frenata estiva raffredda il clima di fiducia. Il dato di agosto evidenzia una valutazione abbastanza pessimistica sulla situazione economica, sia da parte dei consumatori ma soprattutto da parte delle imprese per le quali, ci segnala la stessa Istat, l’indice si colloca ai minimi negli ultimi 10 mesi.  Così Confesercenti in una nota.  Il mese ha segnato per le imprese una inversione di tendenza rispetto alle attese. Se luglio confermava un sostanziale ottimismo per la maggior parte delle attività economiche, con agosto invece, a dispetto delle torride temperature, i valori di fiducia delle imprese si sono decisamente raffreddati: le rilevazioni mostrano un calo generalizzato a tutti i settori, in particolare per quelli di commercio e turismo (circa due punti di riduzione).  Particolarmente problematica la situazione delle piccole e medie imprese del commercio al dettaglio, il cui sentiment si riduce di oltre 5 punti in un mese. Una sfiducia generata dal rallentamento dei consumi e dalle difficoltà del comparto, confermate dai dati relativi alle aperture e chiusure delle imprese nel commercio: nei primi due trimestri del 2023 c’è stata, in media, una sola apertura di impresa ogni due chiusure. Uno squilibrio che ha portato alla scomparsa nella prima metà dell’anno di circa 11.800 esercizi commerciali, in particolare piccole imprese e negozi di vicinato. E se il trend non dovesse cambiare, a fine anno stimiamo che spariranno circa 24mila negozi. Un tessuto produttivo che si impoverisce sempre di più: in prospettiva, più che a una rigenerazione urbana assisteremo ad una vera e propria degenerazione urbana.  Anche a livello complessivo, il quadro resta molto incerto. I dati recenti confermano che l’economia europea è entrata in una fase di stagnazione, le stime sul Pil italiano del secondo trimestre hanno evidenziato una crescita che resta vicina a zero e le indagini congiunturali del mese di luglio suggeriscono che anche il terzo trimestre non è partito bene. Una frenata dovuta principalmente alla domanda interna, e che il deterioramento delle condizioni creditizie in corso non potrà che peggiorare nei prossimi mesi. La prossima manovra di bilancio dovrà, perciò, affrontare alcune sfide centrali, concentrando le risorse da un lato a favore dei redditi delle famiglie, e quindi dei consumi, e dall’altro sostenendo le piccole imprese, quelle maggiormente colpite dalla crisi energetica e dalla stretta sul credito, con interventi che ne favoriscano la competitività ed in un quadro normativo che non le penalizzi come avviene da decenni.

Nei primi sei mesi dell’anno crollano le nascite di imprese del commercio, una sola apertura ogni due chiusure La frenata estiva raffredda il clima di fiducia. Il dato di agosto evidenzia una valutazione abbastanza pessimistica sulla situazione economica, sia da parte dei consumatori ma soprattutto da parte delle imprese per le quali, ci segnala la stessa Istat, l’indice si colloca ai minimi negli ultimi 10 mesi. Così Confesercenti in una nota. Il mese ha segnato per le imprese una inversione di tendenza rispetto alle attese. Se luglio confermava un sostanziale ottimismo per la maggior parte delle attività economiche, con agosto invece, a dispetto delle torride temperature, i valori di fiducia delle imprese si sono decisamente raffreddati: le rilevazioni mostrano un calo generalizzato a tutti i settori, in particolare per quelli di commercio e turismo (circa due punti di riduzione). Particolarmente problematica la situazione delle piccole e medie imprese del commercio al dettaglio, il cui sentiment si riduce di oltre 5 punti in un mese. Una sfiducia generata dal rallentamento dei consumi e dalle difficoltà del comparto, confermate dai dati relativi alle aperture e chiusure delle imprese nel commercio: nei primi due trimestri del 2023 c’è stata, in media, una sola apertura di impresa ogni due chiusure. Uno squilibrio che ha portato alla scomparsa nella prima metà dell’anno di circa 11.800 esercizi commerciali, in particolare piccole imprese e negozi di vicinato. E se il trend non dovesse cambiare, a fine anno stimiamo che spariranno circa 24mila negozi. Un tessuto produttivo che si impoverisce sempre di più: in prospettiva, più che a una rigenerazione urbana assisteremo ad una vera e propria degenerazione urbana. Anche a livello complessivo, il quadro resta molto incerto. I dati recenti confermano che l’economia europea è entrata in una fase di stagnazione, le stime sul Pil italiano del secondo trimestre hanno evidenziato una crescita che resta vicina a zero e le indagini congiunturali del mese di luglio suggeriscono che anche il terzo trimestre non è partito bene. Una frenata dovuta principalmente alla domanda interna, e che il deterioramento delle condizioni creditizie in corso non potrà che peggiorare nei prossimi mesi. La prossima manovra di bilancio dovrà, perciò, affrontare alcune sfide centrali, concentrando le risorse da un lato a favore dei redditi delle famiglie, e quindi dei consumi, e dall’altro sostenendo le piccole imprese, quelle maggiormente colpite dalla crisi energetica e dalla stretta sul credito, con interventi che ne favoriscano la competitività ed in un quadro normativo che non le penalizzi come avviene da decenni.

“Stiamo lavorando con il Ministero affinché si possano prevedere dei bonus per tutte le famiglie fino all’età dell’obbligo, con maggiore attenzione alle meno abbienti. Ribadiamo la nostra contrarietà agli sgravi fiscali, trattandosi di un meccanismo di difficile attuazione e che…
“Stiamo lavorando con il Ministero affinché si possano prevedere dei bonus per tutte le famiglie fino all’età dell’obbligo, con maggiore attenzione alle meno abbienti. Ribadiamo la nostra contrarietà agli sgravi fiscali, trattandosi di un meccanismo di difficile attuazione e che non favorirebbe chi più necessita di un aiuto”.  Così Cristina Giussani, Presidente del SIL, Sindacato Librai Confesercenti, sul caro libri di testo che sta infiammando il dibattito sui costi alle famiglie per il corredo scolastico.  Ma per il SIL la strada verso un “rientro a scuola” economicamente meno gravoso passa necessariamente dall’individuazione di un corretto mix tra le esigenze del corpo docente, il processo produttivo dei libri (il cui prezzo è un calcolo industriale) e il corretto equilibrio della filiera.  “Ho sentito tra le varie opinioni sul tema in questi giorni – sottolinea la Presidente del SIL – attaccare la Legge 15/2020 e ritengo che sul tema vada fatta chiarezza. Va detto che sconti sulla scolastica superiori al 15% sono illegali e lo erano anche prima del 2020. Inoltre, ricordo che grazie alla Legge sul Libro durante e dopo il Covid molte librerie di varia e scolastica sono riuscite a restare aperte o a riaprire. Quindi trovare in essa un capro espiatorio mi sembra davvero inopportuno”.  “Infine, – conclude Giussani – voglio ribadire come a beneficiare di questi aumenti non siano i librai che anzi vedono costantemente ridursi i margini di guadagno, passati dal 15% lordo di due tre anni fa al 10%/12% lordo di oggi (ecco il motivo del tetto massimo di sconto al pubblico). Questo potrebbe portare molti esercizi rinunciare alla vendita dei libri di testo, privando le famiglie di un servizio essenziale, perché nelle librerie si ottiene un vero e proprio servizio che non si limita alla vendita del bene. Cosa che, per ovvi motivi logistici, non avviene con le piattaforme on line e con la Gdo. Il mio invito è quello di lavorare, con tutta la filiera, a soluzioni che tutelino autori, editori e rivenditori, ma soprattutto le famiglie, in particolar modo quelle più bisognose”.

“Stiamo lavorando con il Ministero affinché si possano prevedere dei bonus per tutte le famiglie fino all’età dell’obbligo, con maggiore attenzione alle meno abbienti. Ribadiamo la nostra contrarietà agli sgravi fiscali, trattandosi di un meccanismo di difficile attuazione e che non favorirebbe chi più necessita di un aiuto”. Così Cristina Giussani, Presidente del SIL, Sindacato Librai Confesercenti, sul caro libri di testo che sta infiammando il dibattito sui costi alle famiglie per il corredo scolastico. Ma per il SIL la strada verso un “rientro a scuola” economicamente meno gravoso passa necessariamente dall’individuazione di un corretto mix tra le esigenze del corpo docente, il processo produttivo dei libri (il cui prezzo è un calcolo industriale) e il corretto equilibrio della filiera. “Ho sentito tra le varie opinioni sul tema in questi giorni – sottolinea la Presidente del SIL – attaccare la Legge 15/2020 e ritengo che sul tema vada fatta chiarezza. Va detto che sconti sulla scolastica superiori al 15% sono illegali e lo erano anche prima del 2020. Inoltre, ricordo che grazie alla Legge sul Libro durante e dopo il Covid molte librerie di varia e scolastica sono riuscite a restare aperte o a riaprire. Quindi trovare in essa un capro espiatorio mi sembra davvero inopportuno”. “Infine, – conclude Giussani – voglio ribadire come a beneficiare di questi aumenti non siano i librai che anzi vedono costantemente ridursi i margini di guadagno, passati dal 15% lordo di due tre anni fa al 10%/12% lordo di oggi (ecco il motivo del tetto massimo di sconto al pubblico). Questo potrebbe portare molti esercizi rinunciare alla vendita dei libri di testo, privando le famiglie di un servizio essenziale, perché nelle librerie si ottiene un vero e proprio servizio che non si limita alla vendita del bene. Cosa che, per ovvi motivi logistici, non avviene con le piattaforme on line e con la Gdo. Il mio invito è quello di lavorare, con tutta la filiera, a soluzioni che tutelino autori, editori e rivenditori, ma soprattutto le famiglie, in particolar modo quelle più bisognose”.

L’aumento dei tassi di interesse rischia di trasformarsi in un vero e proprio shock per i bilanci di imprese e famiglie, che potrebbero trovarsi a pagare maggiori interessi per 5,4 miliardi nel 2023 e per 9 miliardi nel 2024, per…
Si spende di più per avere di meno  La spesa degli italiani aumenta mentre i consumi calano: l’inflazione continua a mantenersi su livelli elevati erodendo sempre più il potere d’acquisto delle famiglie. Il dato Istat di giugno evidenzia, infatti, che la tendenza alla divaricazione tra vendite in volume ed in valore nel commercio al dettaglio purtroppo prosegue: il dato medio in valore cresce del 3,6% rispetto allo scorso anno, ma diminuisce di 3,5 punti in volume. Uno scenario negativo che si protrae da più di un anno, e che pesa soprattutto sui negozi che, secondo le nostre stime, hanno registrato un crollo del volume di vendita del -6% nei primi sei mesi dell’anno.  Così l’Ufficio Economico Confesercenti in una nota.  Particolarmente difficile continua ad essere la situazione dei prodotti alimentari per i quali lo scarto, seppur in riduzione, è ancora di oltre 10,5 punti e questo misura la dinamica specifica dei prezzi. Da settembre 2021, infatti, il tasso di inflazione generale ha superato il livello simbolico del 2%, iniziando la corsa dei prezzi che dura da oltre venti mesi e che ha invertito la sua pericolosa tendenza in maniera più decisa solo a partire dal mese di maggio di quest’anno. Anche l’inflazione alimentare, da dicembre 2021, ha seguito lo stesso percorso di accelerazione e la dinamica crescente dei due indici, con picchi per l’indice generale a 11,8% nei mesi di ottobre e novembre 2022 e del 12,8% dei beni alimentari a novembre dello stesso anno, ha generato un esborso di spesa crescente per acquistare volumi di beni comunque in diminuzione.  Sulle imprese come sulle famiglie, pesa anche l’aumento dei tassi di interesse: l’aumento dei mutui frena gli investimenti delle imprese e mette in crisi i bilanci delle famiglie. Una spirale pericolosa che va assolutamente spezzata. La riforma del fisco, la cui delega dovrebbe essere approvata definitivamente nei prossimi giorni, vada nella direzione di un alleggerimento delle imposte sul lavoro, a partire dalla detassazione degli aumenti contrattuali: la via maestra da percorrere per far recuperare potere d’acquisto alle famiglie.

Si spende di più per avere di meno La spesa degli italiani aumenta mentre i consumi calano: l’inflazione continua a mantenersi su livelli elevati erodendo sempre più il potere d’acquisto delle famiglie. Il dato Istat di giugno evidenzia, infatti, che la tendenza alla divaricazione tra vendite in volume ed in valore nel commercio al dettaglio purtroppo prosegue: il dato medio in valore cresce del 3,6% rispetto allo scorso anno, ma diminuisce di 3,5 punti in volume. Uno scenario negativo che si protrae da più di un anno, e che pesa soprattutto sui negozi che, secondo le nostre stime, hanno registrato un crollo del volume di vendita del -6% nei primi sei mesi dell’anno. Così l’Ufficio Economico Confesercenti in una nota. Particolarmente difficile continua ad essere la situazione dei prodotti alimentari per i quali lo scarto, seppur in riduzione, è ancora di oltre 10,5 punti e questo misura la dinamica specifica dei prezzi. Da settembre 2021, infatti, il tasso di inflazione generale ha superato il livello simbolico del 2%, iniziando la corsa dei prezzi che dura da oltre venti mesi e che ha invertito la sua pericolosa tendenza in maniera più decisa solo a partire dal mese di maggio di quest’anno. Anche l’inflazione alimentare, da dicembre 2021, ha seguito lo stesso percorso di accelerazione e la dinamica crescente dei due indici, con picchi per l’indice generale a 11,8% nei mesi di ottobre e novembre 2022 e del 12,8% dei beni alimentari a novembre dello stesso anno, ha generato un esborso di spesa crescente per acquistare volumi di beni comunque in diminuzione. Sulle imprese come sulle famiglie, pesa anche l’aumento dei tassi di interesse: l’aumento dei mutui frena gli investimenti delle imprese e mette in crisi i bilanci delle famiglie. Una spirale pericolosa che va assolutamente spezzata. La riforma del fisco, la cui delega dovrebbe essere approvata definitivamente nei prossimi giorni, vada nella direzione di un alleggerimento delle imposte sul lavoro, a partire dalla detassazione degli aumenti contrattuali: la via maestra da percorrere per far recuperare potere d’acquisto alle famiglie.

La firma dell’accordo tra banche, servizi di pagamento e piccole imprese sul taglio delle commissioni sui pagamenti elettronici, stabilito dalla legge di bilancio, è sicuramente una buona notizia. L’accordo potrebbe portare ad un risparmio sulle commissioni fino a 500 milioni…
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