Confesercenti ed Ascom chiedono interventi

Arriva l’estate e torna il consueto appuntamento con feste e sagre paesane, croce e delizia rispettivamente per gli addetti ai lavori e per il pubblico. “In provincia di Arezzo ci sono circa 500 appuntamenti all’anno in programma, di cui 238 solo nel comune di Arezzo” fanno sapere in una nota congiunta l’Associazione dei Commercianti e Confesercenti. “C’è di tutto: dal fungo porcino alla salsiccia, dalla pizza all’ocio. Sono eventi di animazione importanti per le comunità, ma in molti casi hanno perduto quel legame con la storia e con le tradizioni del territorio che li rendeva speciali. Il risultato è che più che a manifestazioni folcloristiche molte sagre assomigliano ad occasioni di autofinanziamento per gruppi locali”.

Ed è per questo che da tempo Associazione dei Commercianti e Confesercenti si battono per una regolamentazione del settore, nell’ottica di salvaguardare gli interessi dei consumatori e degli operatori dei pubblici esercizi.

“Quello di sagre e affini è un mondo che se da una parte riveste una grande valenza sociale, dall’altra rischia di prestare il fianco ad abusi ed illeciti. Non si tratta solo di difendere le istanze legittime degli operatori, che pagano tutto l’anno oneri molto alti per tenere aperte le loro imprese e in queste occasioni si vedono drenare un consistente numero di clienti” spiegano Ascom e Confesercenti “ma anche di assicurarsi che tutto sia fatto rispettando le regole, soprattutto quelle in materia di igiene e sicurezza degli alimenti”.

Il Codice regionale del Commercio varato nel 2005 ha messo fine alle ‘sagre selvagge’ stabilendo che il calendario e le modalità delle manifestazioni fossero decise insieme da Comuni, associazioni di categoria ed enti organizzatori. “La concertazione è la strada migliore per risolvere i problemi. Da parte nostra” ribadiscono Associazione Commercianti e Confesercenti “non abbiamo mai voluto demonizzare nessuno. Le sagre sono un patrimonio da valorizzare, ma non possono sottrarsi a quell’osservanza delle regole cui tutti sono chiamati, sia per offrire le necessarie garanzie ai consumatori sia per evitare la concorrenza sleale con bar e ristoranti, che 365 giorni all’anno investono ingenti risorse per adeguarsi alle normative vigenti”.

Il richiamo alle norme igienico-sanitarie, alla sicurezza dei luoghi e degli alimenti, nonché al rispetto del regime fiscale, sarà dunque la strada da seguire per sanare ogni anomalia.

“Nel caso dei pubblici esercizi” prosegue la nota di Ascom e Confesercenti “i controlli e le sanzioni da parte delle autorità competenti sono severissime, perché in gioco c’è la salute dei consumatori. E’ bene che altrettanto rigore sia applicato anche alla particolare forma di somministrazione rappresentata dalle sagre estive. Il Codice del Commercio su questo punto è molto chiaro”.

Secondo le due associazioni di categoria aretine, “ogni Comune dovrebbe avere un calendario annuale delle sagre per evitare sovrapposizioni di manifestazioni e per individuare quante ne debbano essere fatte durante l’anno anche in proporzione al numero di abitanti, a quale distanza di giorni una dall’altra e quale durata massima ogni sagra può avere”.

“E’ importante anche individuare le aree pubbliche più adatte al loro svolgimento, che dovrebbero essere concesse dai Comuni solo ad associazioni, enti e comitati senza scopo di lucro regolarmente costituiti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata o registrata, con l’obbligo di presentare annualmente i bilanci all’ufficio comunale del commercio, per dimostrare la destinazione dei proventi delle feste”.

“Infine, ogni sagra dovrebbe avere come motivo trainante la promozione di un piatto tipico, sempre lo stesso negli anni, con una sorta di autolimitazione nella somministrazione dei cibi relativamente al numero massimo di portate da preparare”.

“L’ideale” concludono Associazione dei Commercianti e Confesercenti “sarebbe attivare in ogni Comune un tavolo di coordinamento permanente con le principali associazioni ricreative e culturali. Gli imprenditori potrebbero segnalare tempestivamente eventuali situazioni di irregolarità, mentre le associazioni culturali potrebbero intervenire subito per risolvere i problemi, evitando così che dietro le loro sigle e la facciata del ‘no profit’ si nascondano casi di vero e proprio abusivismo”.

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