Tra caro-energia ed inflazione, nel 2022 le famiglie italiane sono state costrette a bruciare 41,5 miliardi dei propri risparmi nel tentativo di conservare il proprio tenore di vita. Un tenore ormai assediato dai costi incomprimibili: la quota di spesa familiare assorbita da spese per utenze e abitazione dovrebbe infatti assestarsi quest’anno sul 45,8% del totale mensile. Nel 2019 era il 35%. A stimarlo è Confesercenti.
L’impatto sulle famiglie. Una situazione che pesa soprattutto sui redditi medio-bassi. Per le famiglie meno abbienti – il 40% del totale, pari a circa 10,5 milioni di nuclei familiari – i costi fissi varranno quest’anno circa la metà dell’intera spesa mensile (il 49%), riducendo ancora di più lo spazio per le altre spese. Se si considerano infatti anche abbigliamento, bevande e spesa alimentare, la parte di bilancio occupata dai consumi obbligati o quasi sale al 77%, lasciando meno di un quarto – il 23% – disponibile per altro. Il quadro delle abitudini di spesa, però, si è modificato fortemente anche per chi ha un po’ di più. Per il 40% di famiglie con un reddito medio la quota di bilancio assorbita da bollette e spese per la casa passa dal 35% del 2019 al 45% stimato per quest’anno, mentre la spesa per alimentari e bevande si riduce dal 25 al 23%, e quella da dedicare ad altre spese subisce un vero e proprio crollo, scendendo dal 40% al 32%.
Potere d’acquisto e consumi nel 2023. A confermare la negatività del quadro è anche l’analisi dei redditi disponibili. Secondo le nostre stime, alla fine del 2023 il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti risulterà inferiore di 2.800 euro rispetto al 2021, mentre per i lavoratori autonomi la capacità di spesa si ridurrebbe di 2.200 euro. Sono questi gli effetti di un’inflazione che per il 2023 risulterebbe pari in media al +5,6%, portando così al +14,1% l’aumento dei prezzi nel biennio 2022-23. Per questo, quest’anno la spesa delle famiglie aumenterà appena del +0,5%: un risultato deludente, dovuto quasi interamente all’aumento delle spese obbligate, e cui si giungerebbe solo a fronte di una riduzione di ulteriori 11 miliardi dei risparmi delle famiglie.
Il confronto con il pre-pandemia. Solo le spese per utenze e alimentari registrano una crescita rispetto al periodo antecedente al covid, rispettivamente del +45,5% e +6,1%. Positiva, anche per gli sconti fiscali in campo, pure la voce mobili, articoli e servizi per la casa (+3%). Le restanti voci hanno tutte segno negativo: nel 2023 la spesa per ricreazione, spettacoli e cultura sarà ancora il -24,6% inferiore al 2019, quella in servizi ricettivi e ristorazione si assesterà al -20,6%, comunicazioni al -19,7%. Seguono, nella classifica delle voci più ‘tagliate’ rispetto al pre-covid: Istruzione (-17,3%), Abbigliamento e calzature (-15,2%), Trasporti (-11,1%), Altri beni e servizi (-11%), Bevande alcoliche e tabacchi (-9,7%), servizi sanitari e spese per la salute (-5,5%).
“Covid, caro-energia ed inflazione hanno rivoluzionato in senso negativo i bilanci delle famiglie negli ultimi tre anni, portando ad un vero e proprio tracollo di spesa per la grande maggioranza delle voci di consumo”, commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. “Gli indicatori per il 2023, con un’inflazione che arriverà a sfiorare il 6%, confermano la difficoltà del quadro: il rischio è che la frenata della ripresa dei consumi abbia gravi conseguenze sulle prospettive di crescita del Paese. È indispensabile agire con politiche economiche espansive e di sostegno al potere d’acquisto e ai consumi. A partire dalla detassazione degli aumenti retributivi, per far ripartire la contrattazione e i salari in un momento difficile sia per le imprese che per le famiglie; ma serve anche una diminuzione generale – e consistente – della pressione fiscale”.