Edicole (di giornali) cercasi. I punti vendita di quotidiani, periodici e riviste continuano a sparire. Tra il 2013 ed il 2023 le imprese attive nel comparto sono passate da 17.625 a 11.428, con una riduzione di oltre un terzo (-35,2%) della rete. Complessivamente, in dieci anni sono stati circa 6.197 le attività a sparire, oltre cinquanta ogni mese. Una “resa di massa” che ha lasciato un vuoto nelle nostre strade, non sempre riempito in modo regolare. Ad esempio, in alcune città ad alto flusso turistico, dove i caratteristici chioschi di giornali dei centri storici sono sempre più spesso riconvertiti in attività di piccolo commercio e servizi al limite dell’abusivismo.
A lanciare l’allarme è Fenagi, l’associazione dei giornalai Confesercenti, sulla base di un’indagine condotta sui dati camerali. A pesare sulle rivendite giornali, ovviamente, è la crisi dei quotidiani cartacei, innescata dalla concorrenza dell’informazione online. Ma i nuovi canali digitali di vendita hanno messo in crisi anche le vendite di collaterali dei quotidiani e altri prodotti – dai dvd alle figurine, passando per bustine giocattolo e cartoline – da cui molti giornalai ricavavano una parte rilevante del proprio fatturato.
La riduzione della rete. Una lunga, doppia crisi del canale, che ha subito una netta accelerazione durante la pandemia: due terzi delle imprese perdute scompare tra il 2018 e il 2023. E l’emorragia non dà segni di frenata: secondo le nostre stime, nei primi sei mesi di quest’anno hanno già chiuso quasi 600 punti vendita di riviste e quotidiani. Entro il 2030 resteranno solo 7.716 imprese: una rivendita ogni 7.500 abitanti.
Crollano le nascite. A contribuire al saldo negativo di imprese, anche le poche aperture. Le nascite di nuove edicole sono crollate negli anni, passando dalle 790 del 2013 alle 195 dello scorso anno. In Lombardia nel 2022 si sono registrate solo 43 iscrizioni, nel Lazio 29, in Campania 17, in Toscana 14. In Emilia-Romagna, regione da quasi 4,5 milioni di abitanti, addirittura ne sono nate solo 8.
Desertificazione culturale. Già oggi, in Italia c’è solo un’edicola ogni 5mila abitanti, un fattore che contribuisce ulteriormente – in un vero circolo vizioso – alla crisi di vendita dei quotidiani, che hanno più difficoltà a raggiungere il pubblico. Il risultato è una progressiva desertificazione culturale: le edicole svolgono infatti un ruolo importante come presidio culturale in molte comunità e contribuiscono alla promozione della lettura, fornendo accesso a una varietà di materiale stampato.
Riconversioni e Abusivismo. Proprio per il loro valore come presidio sul territorio, le edicole abbandonate sono state oggetto di interventi di riconversione e riqualificazione, dedicandosi ad esempio alla somministrazione. Ma accanto a esempi virtuosi, si registra anche un aumento delle attività irregolari. Un fenomeno visibile nei centri storici delle città turistiche, dove molti chioschi tradizionali vendono souvenir e altro, senza rispettare l’obbligo di dedicare almeno metà della superficie di vendita ai quotidiani.
“Nonostante la crisi del settore sia in atto ormai da più di dieci anni, sono mancati interventi organici e strutturali per sostenere le edicole, che rischiano – come dicevamo anni fa – di fare la fine delle cabine telefoniche”, spiega Ermanno Anselmi, coordinatore di Fenagi. “La rete ha un futuro e un’utilità. Le edicole sono punti vendita di prossimità per definizione: se vogliamo che questi punti di accesso a prodotti e servizi continuino ad esistere, però, serve un intervento ad hoc, una legge dedicata che affronti la questione in tutti i suoi aspetti. Innanzitutto, abbassando la quota di superficie di vendita da dedicare obbligatoriamente ai giornali, che non deve essere minima, ma realistica. Ma servono anche interventi fiscali, dalla gratuità del suolo pubblico a misure a favore del ricambio generazionale della rete, con sconti contributivi per i giovani che aprono nuove attività e agevolazioni per chi investe in nuovi servizi”.