Un 2018 da dimenticare per i negozi. Il dato sul commercio al dettaglio a luglio rafforza le nostre preoccupazioni: nel mese le piccole superfici segnano un nuovo calo delle vendite (-1,5%), l’ottavo consecutivo da dicembre scorso, registrando da inizio anno una perdita in volume dell’1,6%. Così Confesercenti commenta i dati Istat.
Dalla crisi del commercio nel 2018 non si salva nemmeno la grande distribuzione: a crescere, infatti, è solo il commercio online, che segna il 12,7% in più da inizio anno. Un vero boom, che però non basta a riportare in positivo il dato complessivo delle vendite: anche includendo i negozi elettronici, la variazione negativa in volume cumulata dal commercio nei primi sette mesi è il doppio di quella registrata solo il mese scorso, -0,6% contro -0,3%.
A incidere è l’andamento non troppo brillante dei beni non alimentari che registrano da inizio anno variazioni negative sia in valore (-0,7%) che in volume (-0,7%). Ma il dato segnala un clima complessivo ancora orientato all’incertezza: i consumatori hanno ridotto l’indice del clima di fiducia ad agosto di quasi un punto decimale, il potere d’acquisto nel primo trimestre si è ridotto di due decimali, c’è un’attesa sospesa anche sui provvedimenti economici che il nuovo governo vorrà o potrà effettivamente mettere in campo. Confermata anche l’inefficacia della deregulation: agli italiani mancano soldi e fiducia, non le occasioni per acquistare. Eppure, la liberalizzazione avrebbe dovuto proprio rilanciare i consumi delle famiglie offrendo maggiore servizio ai cittadini: due obiettivi mancati. Le vendite sono ancora sotto i livelli del 2011, e anche il servizio è diminuito: si è infatti creato un regime di concorrenza insostenibile per i piccoli esercizi di vicinato, causando circa 50mila chiusure di attività commerciali. All’epoca del varo della deregulation non si è provveduto, come invece era previsto dallo Statuto delle Imprese, a valutare l’impatto del provvedimento sulle PMI: sarebbe doveroso farlo ora.
Contro l’eccesso di deregulation Confesercenti, insieme a Cei, ha lanciato nel 2012 ‘Liberaladomenica’, una campagna che ha raccolto 150.000 adesioni, permettendo la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare alla Camera il 14 maggio 2013[1]. Dopo cinque anni di attesa, la proposta di legge sulle chiusure domenicali incardinata ieri in Commissione attività produttive alla Camera è un primo passo nella giusta direzione. Importante è arrivare a una norma condivisa e sostenibile: non chiediamo di stare chiusi sempre, ma di restare aperti solo quando e dove necessario, come ad esempio nelle località turistiche. Perciò riteniamo che le competenze in materia debbano tornare alle Regioni che conoscono il territorio e le sue specificità. Una proposta ragionevole e assolutamente compatibile con le prassi europee”