Vendite, Confesercenti: “segnali positivi, ripartono anche i negozi”

Vendite, Confesercenti: “segnali positivi, ripartono anche i negozi”

“Ora bisogna passare da rimbalzo a ripresa strutturale”. Segnali di ripresa dal commercio. Le rilevazioni Istat sulle vendite di giugno tracciano un quadro positivo per il commercio al dettaglio, registrando finalmente anche la ripartenza delle vendite presso le piccole superfici. Un rimbalzo che ora bisogna trasformare in una ripresa strutturale della spesa.

Così Confesercenti.

Il ritorno in zona bianca dell’Italia e l’allentamento delle restrizioni hanno avuto un effetto positivo in particolare per le piccole superfici, che mettono a segno una crescita del +14,8% sull’anno delle vendite non alimentari. Un valore molto superiore al +3,8% registrato dalla grande distribuzione, che però aveva iniziato a riprendersi già ad aprile e con maggiore intensità.

L’aumento delle vendite coinvolge tutti i settori merceologici non alimentari, con una forte accelerazione soprattutto per vendite di Abbigliamento e Calzature (rispettivamente +24,5% e +19,2% rispetto allo scorso anno). Il recupero del commercio tradizionale non si registra invece nell’alimentare: i negozi hanno esaurito quel ruolo ‘di sostegno’ che avevano svolto durante la pandemia, e a giugno le vendite sono in rosso per il quinto mese consecutivo, anche se contenuto
(-0,6%). Rallenta anche la ripresa del commercio fuori dai negozi, mentre riprende invece quella del commercio elettronico, con tassi di crescita attestati sui livelli precedenti alla crisi pandemica.

Un clima positivo e di ripresa dei consumi, dunque, ma la crescita è tutta da consolidare e pesano l’incertezza e le incognite legate all’andamento dei contagi, con lo spettro del ritorno alla rigidità di provvedimenti restrittivi che brucerebbe i segnali di fiducia da parte di consumatori ed imprese. Lo snodo sarà infatti il ritorno al tasso di risparmio delle famiglie sui livelli pre-crisi, questo tipo di aggiustamento non è scontato, molti dei cambiamenti nelle abitudini di consumo determinati dalla pandemia non sono infatti reversibili: la diffusione del lavoro da remoto, la ridotta mobilità legata ai timori di contagio, la crescita delle vendite on-line, sono fattori che influenzeranno i comportamenti delle famiglie.

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